“Un giorno di festa” di Joyce Maynard

Un incontro casuale in un supermercato fra un tredicenne, Henry, ed un uomo appena evaso, Frank, travolge tre esigenze: le loro e quella della madre del ragazzo, Adele. Pochi giorni trascorsi insieme, compresi nella settimana del Labor Day americano, saranno in grado di lasciare un’impronta indelebile. Sono vite rotte che si riconoscono in un’unione vettore di rinascita, seppur dentro una situazione limite.

La voce di Henry conduce la narrazione: è una scelta che dona al racconto dinamismo, sfumature, tenerezza, ma anche incostanza di visione, specchio delle difficoltà tipiche dell’adolescenza.

Il ragazzo, preso dalla legittima chimica sessuale propria dell’età, è costretto a responsabilità sproporzionate e precoci nei confronti della madre destabilizzata emotivamente, di cui tenta di riempire i vuoti. Adele disserta con Henry di temi inadatti per la sua età e maturità proprio come fosse un amico adulto, riversandogli addosso i propri travagli interiori e mancanze.

Con una scrittura trasparente ed incalzante a servizio di fatti e personaggi, Joyce Maynard tiene attaccati alla pagina. Crea una dinamica ribaltandone i cliché tipici, gioca con le aspettative del lettore per sovvertirle.

Nel primo quarto di libro, la situazione complessiva pare acquisire tratti improbabili e un po’ forzati. Si tratta, però, di un’espediente dell’autrice volto a distendere la trama sul lungo periodo, in cui poi ogni conto torna. Ritroviamo la stessa modalità nello scioglimento finale: prolungato, non lascia al caso niente per ogni personaggio con cura e precisione. Molto esauriente, soddisfa.

Al centro di tutto nel romanzo c’è l’essere umano: l’interazione dei tre personaggi fra loro, i rapporti che si creano. Tema cardine del libro è il concetto di famiglia: cosa davvero si può dire tale? Solo un certo tipo di relazioni reciproche rigidamente definite? C’è davvero un unico tipo di famiglia e solo quello può far star bene chi la compone?

Qui, un microcosmo nato accidentalmente e composto da un ragazzino, un uomo e una donna si fa mondo, comune occasione di riscatto. Maynard mette in scena un’intesa che esula dalle parole e nasce dal riconoscere nell’altro le stesse ferite. L’intensità umana e il ritmo elevato della narrazione, permettono ai personaggi di reggere se stessi e la trama. Come detto, le drammatiche storie alla base delle loro vite verranno svelate con calma. E l’autrice lo farà con la nuda e cruda forza dei fatti: nessun commento, orpello o pietismo.

“Un giorno di festa” è una lettura che coinvolge, a volte spiazzando, mettendo in luce come la verità e la profonda essenza umana possano discostarsi dagli stereotipi del socialmente accettabile, sfuggendo a comode e rassicuranti (ma vuote) definizioni.

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