
“Un bacio dietro al ginocchio” di Carmen Totaro è un romanzo intrigante e spinoso, costruito sul rapporto fra due donne, madre e figlia. La storia inizia come un giallo, per poi diventare altro: un noir psicologico e dei sentimenti, in cui le ferite del non detto sono le vere protagoniste.
Ada, la madre, da anni sconta il dolore di un matrimonio in cui ha accettato le mancanze del marito con naturale, quanto tossica passività. Elisa, la figlia, è una ventenne che simula normalità, mettendo in scena la quotidianità di studentessa. Dentro di lei, però, si muovono rancore e risentimento: macigni che la opprimono e confondono, rinchiudendola in un’ostilità tagliente e pervicace.
Le incontriamo all’inizio del racconto in una situazione che pare sinonimo di equilibrio: sono a cena a Milano, sulla Darsena, per festeggiare il compleanno di Elisa. Bastano poche battute, però, per capire le difficoltà fra loro: la giovane è pungente, provocatoria, mentre la madre si dibatte in inutili e goffi tentativi per smorzarne l’aggressività respingente.
Quella sera si rivelerà uno spartiacque: Elisa, infatti, scomparirà dal giorno seguente. Per Ada cercarla significherà dover guardare in faccia le proprie debolezze, squarciare il velo sui suoi vuoti, fare i conti con quanto messo dell’angolo ella coscienza per sopravvivere. E, soprattutto, riuscire a vedere la distanza che si è creata con la figlia, prenderne finalmente atto come una tardiva rivelazione.
Il dolore spesso non permette di vedere i tratti anche delle persone, anche di quelle più vicine, ovattando nell’unica asettica dimensione accettabile, creando muri spessi e pieni di tagli rugosi che feriscono solo a sfiorarli. E’ questo che accade ad entrambe e le cui ripercussioni scontano sia individualmente, che nella relazione madre-figlia.
Si può quindi dire che il perno su cui ruota “Un bacio dietro al ginocchio” è l’incomunicabilità: l’incapacità di esprimere e condividere la sofferenza che poi ne genera un’altra, i cui confini diventano difficilmente valicabili.
Nel romanzo, Carmen Totaro calibra la sua scrittura sul metro di questo tema: le frasi sono come incisioni nette e precise; è una lingua fredda e appuntita, specchio di chi si parla in preda ad una distorsione emotiva fatta di ostilità e steccati, di distanze. Con naturalezza e senza esasperazione l’autrice riesce a coinvolgere il lettore, ben dosando i due generi del libro: il giallo, che si sviluppa nell’intreccio delle scomparsa di Elisa, e il noir, lo spirito più profondo e la vera voce dell’opera, espresso nel vissuto interiore delle due donne.
L’effetto è quello di restare incollati alle pagine prima per sapere la risoluzione concreta della scomparsa e poi per comprendere le vere viscere della vicenda. Si tratta di un libro oscuro, aspro, fatto di continui spigoli acuminati, ma che seduce per l’equilibrio e l’intelligenza con cui sono montati temporalmente i fatti, in un rimando in cui il racconto è condotto in maniera acuta e sapiente.