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La lettura senza confini: recensioni e incontri con gli Autori

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Premio Strega 2020: vince “Il Colibrì”. Sandro Veronesi serve il bis.

Elisa Rubertelli 3 luglio 2020

In un’atmosfera insolitamente calma ed ovattata nel rispetto delle norme del distanziamento fisico, Villa Giulia ha ospitato la finale del LXXIV Premio Strega. Niente chiacchiericcio della società letteraria di sottofondo questa volta, ma esclusivamente la bellezza colma di fascino e poesia del Museo Nazionale Etrusco a riempire la scena. Diverse anche le ambientazioni dei momenti chiave della serata: gli scrutinii dei voti, tornati sulla balconata del Ninfeo come accadde dal 1953 a ’63, e le interviste agli autori, sotto la Loggia dell’Ammannati. La serata è stata trasmessa in diretta su Rai 3 ed è stata condotta, piacevolmente, con misura, eleganza e preparazione da Giorgio Zanchini, storico anchorman di “Radio Anch’io” su Radio1 Rai e presentatore di “Quante Storie”, appuntamento quotidiano dedicato ai libri, sempre su Rai 3.

Come da tradizione, a presiedere il seggio di voto è stato il vincitore della precedente edizione del Premio Strega: quest’anno ha annunciato gli esiti degli scrutinii Antonio Scurati, che nel 2019 si impose con “M. Il figlio del secolo.” (Bompiani). Sin dalla prima tornata di voti, Veronesi con “Il colibrì” (La Nave di Teseo) prende il largo nelle preferenze, un divario che si intuisce subito incolmabile e, infatti, sarà confermato e dilatato con costanza negli spogli.

La classifica: 1°. “Il colibri” di Sandro Veronesi (La Nave di Teseo) 200 voti; 2° “La misura del tempo” di Gianrico Carofiglio (Einaudi) 132 preferenze; 3° “Almarina” (Einaudi) di Valeria Parrella 86 voti. Giù dal podio troviamo: 4° Gian Arturo Ferrari con “Ragazzo italiano” (Feltrinelli) a quota 70; 5° Daniele Mencarelli e il suo “Tutto chiede salvezza” (Mondadori) con 67 preferenze; 6° Jonathan Bazzi “Febbre” (Fandango Libri) con 50 voti.

Sandro Veronesi si riconferma dopo “Caos Calmo“, vincitore 14 anni fa (ripubblicato da poche settimane da “La Nave di Teseo“) e raggiunge Paolo Volponi che si impose nel 1965 con “La macchina mondiale” e nel 1991 con “La strada per Roma”.

Nella sua intervista, Veronesi sposta, a mio parere a ragione, l’attenzione dall’autore al libro: “Questo è un premio che va ai libri e “Il colibrì” è un libro fortunato che ho pensato di sottoporre al giudizio più qualificato esistente in Italia, lo Strega. Facciamo astrazione da me e da “Caos Calmo” e parliamo del romanzo.” Un libro che credo, seppur ovviamente scritto prima, segua il profilo di questo anno segnato dall’enorme quantità di morti dovuti alla pandemia e al lutto entrato prepotentemente nella vita di tantissime famiglie. “Una delle ragioni d’essere di questo romanzo era la messa in scena di una resistenza al lutto.” dice lo scrittore toscano. “Quando si subisce una perdita, non bisogna mollare, ma dare fondo a tutte le proprie passioni, riversando intorno a sè l’energia che era presente su quanto non c’è più.” Una vittoria arrivata in un anno estremo. “E’ una caratteristica degli italiani rendere con la pistola puntata alla tempia, in questo sono un italiano vero.”

Sandro Veronesi con la bottiglia di Strega consegnata al vincitore, come da tradizione. Foto area stampa Premio Strega (Autori: Musacchio – Ianniello – Pasqualini)

Il libro. Il colibrì è il soprannome del protagonista, Marco Carrera. Veronesi: “Il colibri è simbolo dei guerrieri, del loro tenere la posizione.” Il romanzo copre tutto l’arco della vita del protagonista, ma nella narrazione il tempo è destrutturato, non cronologico e lineare. Ancora l’Autore: “E’ una storia di piccoli eventi, alcuni tragici, tanto che potrebbero spazzare via una persona, invece Marco Carrera, da buon pastore di cose e di persone, tiene duro con tutta la forza che ha.” L’ultima riflessione è sulla natura del romanzo come mezzo espressivo: “Per due secoli e mezzo, insieme alla musica classica, è stato uno delle più alte espressioni della borghesia. Adesso può parere qualcosa di un po’ vintage dirlo, ma penso sia borghese l’atto del leggere e dello scrivere romanzi.”

Da sinistra: Jonathan Bazzi, Sandro Veronesi, Gian Arturo Ferrari, Valeria Parrella, Gianrico Carofiglio, Daniele Mencarelli. Foto, area stampa Premio Strega (Autori: Musacchio – Ianniello – Pasqualini)

La misura del tempo. (Einaudi) Non c’è stata, quindi, battaglia all’ultimo voto con Gianrico Carofiglio, ma credo che l’affermarsi de “La misura del tempo” in un contesto come lo Strega sia da sottolineare, visto che si tratta di un libro maggiormente connotato in un genere rispetto agli altri cinque contendenti e il cui protagonista, l’avvocato Guido Guerrieri, è un personaggio seriale. Un riconoscimento assolutamente meritato e anche sganciato dalla tradizione, che premia la capacità di scrittore di Carofiglio ed è un bel segnale di assonanza fra critica e pubblico. “Il romanzo è costruito su due piani temporali”, spiega l’Autore, “c’è una storia al presente, il dramma processuale, che ha un tempo apparentemente decifrabile, poi un’altra al passato che è un percorso di formazione, in cui l’unità temporale è molto più complicata e spezzata. In queste due diverse interpretazioni del tempo si cela una della chiavi di lettura del romanzo.” “Sono molto presenti aspetti di riflessione etica sul significato del concetto di verità e su quanto sia realmente raggiungibile attraverso una ricostruzione dei fatti del passato.” Continua Carofiglio: “Quando si sfiora il rapporto fra bene e male, su come si tratti di un confine tutto interno a noi stessi, il tema dei tempi delle azioni diventa più complesso e più interessante.”

Febbre (Fandango libri) A proposito di contemporaneità sana, una nota di merito va senza dubbio a Jonathan Bazzi, splendido nel suo look scintillante, in perfetta linea con l’urgenza comunicativa coraggiosa e potente che lo ha spinto a scrivere “Febbre”. “Volevo raccontare la sieropositività non coi termini che si utilizzano normalmente: desideravo parlare di questa scoperta rivendicando il mio punto di vista, al di fuori di un linguaggio e un immaginario sedimentati.”. Continua Jonathan: “Quando ho deciso di vivere questa condizione al fuori della tradizione pudore e della vergogna sono stato dissuaso anche da persone vicine, è stata una scommessa ma io sentivo che era giusto usare ciò che mi è successo per arrivare a fare ciò che mi piace: scrivere, approfondire, riflettere.“

Anche in “Tutto chiede salvezza” (Mondadori), c’è un vissuto autobiografico emotivamente intensissimo. Daniele Mencarelli vincitore dello Strega Giovani: “Vivere un’esperienza in ospedale psichiatrico da ragazzo è stato fondamentale per il mio sguardo: se sono tornato a raccontare le storie di quei compagni di viaggio, è perché sono state indimenticabili. Loro non fanno sconti né a se stessi, né alla vita perchè non costruiscono, come tutti invece fanno, anticorpi per proteggersi dalle intemperie dell’esistenza. Il libro, attraverso l’esperienza, tenta di perimetrare la natura umana fornendo la sponda del dialogo, attraverso il racconto della nascita di un’amicizia in quel contesto.”

“Almarina” (Einaudi) di Valeria Parrella è ambientato in una realtà difficile: un carcere minorile. “Dove c’è un minore colpevole, c’è un adulto colpevole.” Due donne, la professoressa Elisabetta e Almarina giovane detenuta. “Sono entrambe ferite dalla vita e all’inizio si guardano male. E’ difficile raccontare la resistenza che si ha verso l’altro, ma a me serviva per cercare uno scioglimento, quello che poi tra loro segnerà l’incontro vero.” Continua la Parella, che è stata volontaria in un Istituto di pena: “In Italia il carcere è un’esperienza devastante. Io credo molto nel volontariato, ma penso sia un corrersi incontro uno con l’altro che dimostra quanto un’Istituzione in sè sia inefficace”.

Arriviamo a Gian Arturo Ferrari e al suo “Ragazzo italiano”(Feltrinelli), un racconto parallelo fra parabola personale e collettiva del Paese del dopoguerra: “Le parole “boom” e “miracolo economico” sono state usate e abusate in riferimento alla storia d’Italia. Nel periodo che descrivo nel libro c’è stato qualcosa di diverso: una fatica cieca con una spinta in avanti irresistibile, irrefrenabile, incontenibile.” “Quando il protagonista arriva a Milano“, continua Ferrari, “la trova ancora mezza distrutta. Non ha alcun talento, ma scoprirà che il suo mondo, la sua vocazione sono i libri che, come accaduto a me, diventeranno la sua vita.”

Concludo citando le parole di Melania G. Mazzucco, vincitrice nel 2003 con “Vita” e Presidente del comitato direttivo del Premio Strega, perché contengono tutto il significato profondo dei libri per tutti, ma ancora di più per chi ne fa ragione di vita. “Leggere è importante: abbiamo avuto ancora più bisogno dei libri durante questo periodo difficile. Resterà il desiderio di lettura, sia per chi ha faticato farlo in case affollate durante il lockdown, sia per chi lo ha trascorso solo e si è aggrappato ai libri per rimanere insieme agli altri.”

E allora cosa aspettate? Andate in libreria e leggete questa splendida sestina (e non solo!).

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#SalToNotte: magazine di “bibliodiversità” nelle notti d’estate

Elisa Rubertelli 25 giugno 2020

Martedì 23 giugno alle 22.30 ha debuttato #SalToNotte: un nuovo appuntamento via streaming del Salone del Libro di Torino; una sorta di scia del fortunatissimo #SalToExtra, ma con nuove declinazioni. Il direttore Nicola Lagioia: “Questa è una nuova avventura del Salone: sarà un viaggio in Italia che ci vedrà insieme sino a fine luglio. Stiamo vivendo un periodo complicato, in cui non si comprende dove stiamo andando. Non è facile nemmeno capire noi stessi in questo tempo, il nostro rapporto con il mondo: è come se la pandemia ci avesse messo in contatto con una parte di noi che non ascoltiamo spesso e che merita attenzione.” #SalToNotte nelle sue sei puntate viaggerà avanti e indietro per l’Italia : Torino, Napoli, Roma, Milano: “Entreremo in librerie, musei, biblioteche, gallerie d’arte – continua Lagioia– dove incontreremo personaggi del mondo della cultura, librai, editori.”

Il logo di SalToNotte.

Il format è composto da diversi blocchi, di cui alcuni sono rubriche fisse, come “Dall’oggi al domani: le parole per dirlo”, curata da Loredana Lipperini e “Carosello”. Poi , lo scheletro vero e proprio del programma: incontri approfonditi con gli autori come da tradizione del Salone, inframezzati da “pillole” più rapide e dinamiche con altri scrittori, in una formula già testata con successo a #SalToExtra.

Presenza fissa ed elemento di grande vivacità in costante scambio con Lagioia per tutta la puntata è “Casa Buendìa”, redazione del programma composta da tre scrittori italiani: Claudia Durastanti, Francesco Pacifico e Giordano Meacci. Un’interazione costante, puntuale e brillante per ritmo e acume a commento e integrazione dei vari panel proposti.

Casa Buendìa a colloquio con Nicola Lagioia (Immagine tratta dallo streaming video diffuso dal Salone del Libro)

E ora, il racconto della prima puntata, blocco per blocco.

Lo storico logo del Salone del libro, adattato alla versione neon per SalToNotte (immagine tratta dallo streaming video diffuso dal Salone del Libro).

Si entra nel vivo in modo simbolicamente significativo: la parola va a tre librai indipendenti di Torino che raccontano la loro esperienza durante il lookdown. Lagioia: “Quanto ci sono mancate le librerie durante la pandemia! Io, se non avessi avuto l’edicolante e il libraio di quartiere non avrei proprio imparato a godere della lettura, perché a casa mia non entravano quotidiani e libri, questo mi ha cambiato la vita. Le librerie sono luoghi in cui si fondano comunità.” Beatrice Dorigo, de “La gang del pensiero”: “Quest’anno la libreria ha compiuto 20 anni: è stato un periodo di rinascita e di evoluzione, nella pandemia abbiamo capito che la cosa più importante era restare in contatto con i nostri clienti. Attraverso Facebook abbiamo realizzato piccoli video di lettura di fiabe, siamo stati, quindi, presenza e supporto, aiutando l’intrattenimento dei più piccoli.” Rocco Pinto, “Il ponte sulla Dora”: “Dopo lo sbandamento iniziale, abbiamo deciso di coinvolgere il nostro quartiere, Borgo Rossini. Ci siamo appoggiati alle edicole per la distribuzione; con una ragazza abbiamo combinato consegne dei nostri libri e torte realizzate da lei. Visto che per due mesi non sono uscite novità, si è riscoperto il catalogo; in quelle giornate non c’erano orari e ho notato una grandissima attenzione alla prossimità, all’aiuto al negozio di quartiere. E’ stato bello vedere come i librai si siano sostenuti a vicenda: questo mondo sta cambiando e in meglio.” Sara Lanfranco, “Libreria Therese”: “In tempo di COVID fare comunità è stato difficile, così ci siamo inventati una cosa semplice: una videochiamata per i nostri clienti a cui noi aprivamo la libreria appositamente.”

L’incontro con tre librai indipendenti di Torino. (Immagine tratta dallo streaming video diffuso dal Salone del Libro)

E’ il momento della virologa Ilaria Capua, con la presentazione del suo “Il dopo” (Mondadori). Lagioia: “L’aspetto interessante di questo libro è il collegamento virus- sostenibilità, come sostenuto anche da Quammen in “Spillover”. La presentazione della Capua è un excursus fra le parole che ci hanno accompagnati nella pandemia,”Parole contagiose”, come le definisce la virologa. Concetti scientifici che fino a ieri ci parevano lontani e materia destinata ai soli esperti e che, invece, hanno fatto irruzione nel linguaggio comune, monopolizzandolo. La conclusione merita di essere citata: “Credo che le crisi non vadano sprecate, esiste una cornice d’argento anche attorno alle nuvole più nere. Ora c’è in ballo una trasformazione importante che ci chiama in causa per diventare protagonisti non più solo del problema, ma della soluzione.”

La virologa Ilaria Capua durante la presentazione del suo libro “Il Dopo”. (Immagine tratta dallo streaming video diffuso dal Salone del Libro).

A Ritanna Armeni e al suo “Mara. Una donna del novecento.” (Ponte alle Grazie) è dedicata la prima pillola de “I libri della notte”. “All’inizio pensavo di scrivere un testo collettivo su un gruppo di donne che avessero aderito alla marcia su Roma, poi di trovare una biografia singola che fosse esemplare della condizione femminile durante il fascismo. Alla fine, ho capito che dovevo cercare e tirare fuori da me questo personaggio e raccontarlo come lo vedevo, così è nata Mara.” Continua la Armeni: “Seppur intrecciata con quella degli uomini, credo che la storia della donne sia autonoma: contrariamente a ciò che si crede, anche durante il fascismo le donne hanno coltivato sogni di libertà ed emancipazione.”

Ritanna Armeni parla di “Mara. Una donna del Novecento” (Immagine tratta dallo streaming video diffuso dal Salone del Libro).

Arriva il momento di Loredana Lipperini e della sua rubrica: “Stiamo attraversando un evento che finora non è narrabile. Qualcosa di epocale ma che ci ha trovati impreparati nel parlarne, verso cui siamo quasi afasici. In questo spazio parleremo di questa difficoltà con diversi autori che stanno già ragionando su quanto ci è accaduto.” Prima ospite, la filosofa Donatella Di Cesare con il suo “Virus Sovrano” (Bollati Borighieri). “Siamo ancora immersi in questa catastrofe che già sta cambiando il modo di vedere e le prospettive del presente. Questo evento è extra sistemico al capitalismo, che non sappiamo come reagirà. Si tratta di uno scenario inedito, in cui siamo privi di coordinate interpretative. Nel libro ho provato a cercarle, ponendo delle questioni.” Un tema basilare è quello delle disuguaglianze: “Il virus le porta allo scoperto in un modo che ci appare quasi sfrontato. Certo, abbiamo scoperto di essere vulnerabili, ma non lo siamo tutti allo stesso modo.” Continua la filosofa: “ La povertà non ci muove più alcuna compassione, il povero per noi è un buco nel bilancio, un consumatore fallito.”. Un tema dalle implicazioni gigantesche, insomma, che coinvolge anche la realtà dei rapporti filtrati esclusivamente da uno schermo, la mancata condivisone dello spazio pubblico e le sue implicazioni politiche e civili. E, se l’altro è il pericolo, visto solo come potenziale portatore di contagio, allora il concetto d’identità può farsi estremo, conducendo a nuove forme di razzismo e ad una contrapposizione con un malato sovranismo del soggetto.

Loredana Lipperini e Donatella Di Cesare (Immagine tratta dallo streaming video diffuso dal Salone del Libro)

Passiamo a “Carosello” che ospita Valerio Berruti con “L’abbraccio più forte” (Gallucci), nato da un progetto solidale per un ospedale COVID nelle Langhe, a Verduno. Si tratta di 770 disegni, realizzati durante la pandemia e il lockdown, l’Autore: “Questo libro è un flip book: facendo scorrere le pagine si crea un effetto che simula l’animazione e il movimento.” Quello di un abbraccio sempre più stretto. Ancora Berruti: “I disegni sono accompagnati da un testo bellissimo e poetico di Piero Negri Scaglione, scrittore mio conterraneo.”

Per la rubrica “Carosello: Valerio Berruti e “L’abbraccio più grande” (Immagini tratte dallo streaming video diffuso dal Salone del Libro)

Si ritorna in studio a Torino, a La Centrale Nuvola Lavazza, con un incontro fra Lagioia, Fabio Geda e Don Ciotti per la pubblicazione di “L’amore non basta” (Giunti Editore). Geda: “Si tratta sia di un’autobiografia personale che collettiva: c’è un “Io”, che è Don Luigi Ciotti e un “Noi”, incarnato dal Gruppo Abele e da Libera con i suoi centinaia di operatori”. Don Luigi ripercorre il suo percorso di emigrante a Torino, in cui visse con la famiglia in un baracca per i primi tempi. “A 17 anni incontrai un uomo su una panchina che cambiò la mia vita: un medico divenuto barbone che mi parlò del fenomeno della droga fra i giovani. Tre anni dopo nacque il Gruppo Abele. Ho voluto raccontare 55 anni di storie con la strada come protagonista; vicende impensabili che meritano di essere conosciute.” Si ritorna al tema del cambiamento, prendendo spunto dal titolo del volume: “L’amore è essenziale, ma non quello che ha a che vedere con possesso e individualismo. Per un vero incontro, è imprescindibile l’empatia, il mettersi nei panni dell’altro. Cambiamo rotta verso un nuovo umanesimo declinato al plurale.” Non poteva mancare un riferimento ai ragazzi: “Hanno bisogno di punti di riferimento veri, coerenti, credibili, molto concreti: non bastano solo le connessioni, essenziali sono le relazioni.”

Don Luigi Ciotti a SalToNotte (Immagine tratta dallo streaming video diffuso dal Salone del Libro).

Seconda pillola de “I Libri della notte” vede protagonista Il Terzo segreto di Satira e “La paranza dei buonisti” (Longanesi): “Il libro è un anti manuale per aiutare i buonisti a sopravvivere nell’era del sovranismo. Ogni capitolo è composto da un’introduzione, un episodio di riferimento e dei test.” Si tratta di un passaggio dallo schermo alla carta: “Siamo un collettivo di 5 registi che hanno sempre realizzato video di satira politica e sociale. All’inizio eravamo spaventati da questo cambio di canale espressivo, ma poi abbiamo diviso il lavoro fra noi, anche correggendoci a vicenda, mettendoci alla prova.”

Due registi del collettivo “Il terzo segreto di satira” (Immagine tratta dallo streaming video diffuso dal Salone del Libro)

Ultimo panel della serata, l’incontro fra Vanni Santoni e Michael Pollan, uno dei più importanti giornalisti scientifici viventi. Tema, il suo “Come cambiare la mente” (Adelphi), in cui si tratta la riscoperta della cultura psichedelica. Santoni: “I media nell’ultimo decennio ne hanno parlato in modo più sobrio, meno isterico e di certo il contributo di Pollan è stato rivoluzionario. Da molto tempo, infatti, nessun autore così stimato ne trattava; in più, il suo è un saggio che è anche divertente e piacevole per il lettore.” Pollan: “Dagli anni ’50 a metà dei ’60, queste sostanze sono state usate con successo per trattare problemi mentali come depressione, dipendenza o ossessione. Poi, sono state associate esclusivamente ad una narrativa negativa abbinata alla contro cultura e al movimento contrario alla guerra in Vietnam. Così, i media hanno seguito quella tendenza e la scienza non ha più investito nella ricerca, perché era considerato un campo deplorevole.” Poi, intorno agli anni 2000, lo scarto: “Nuove ricerche hanno condotto a buone evidenze, così i media hanno cambiato ancora approccio. Un fenomeno di cui sento di far parte.” Ma come è visto l’uso degli psichedelici al di fuori di ambiti medici? Pollan afferma che si tratta di un tema ancora molto controverso, ma sostiene che tutti siamo dipendenti da un comportamento o da un’abitudine e queste sostanze favorirebbero il cambiamento. L’esperienza mistica romperebbe, cioè, la rigidità di pensiero con una sorta di shock fluido, creando nuovi comportamenti, come un riavvio della mente. Il libro non contiene solo teoria, ma anche l’esperienza diretta del giornalista che ha assunto psichedelici sotto la supervisione di esperti che lo hanno affiancato fisicamente durante gli effetti.

Vanni Santoni e Michael Pollen (immagine tratta dallo streaming video diffuso dal Salone del Libro)

La chiusura è affidata a Marco Pautasso che legge una poesia di Alda Merini “Ci sono notti che non accadono mai”. Sarà una consuetudine trovare un testo poetico o un aforisma che si ricollega alla città ospitante, alle emozioni e ai temi trattati durante la puntata.

Marco Pautasso conclude la prima serata di SalToNotte (Immagine tratta dallo streaming video diffuso dal Salone del Libro)

Eccoci arrivati alla fine: in poco di più di due ore è stata attraversata una grande varietà di temi, ma non c’è pesantezza, solo voglia del prossimo appuntamento. #SalToNotte torna martedì 30 giugno da Napoli, presso Palazzo Zevallos Stigliano delle Gallerie d’Italia. Qualche anticipazione sugli ospiti: Alessio Forgione, Gipi, Esther Safran Foer con Elena Loewenthal, Nino D’Angelo a dialogo con Valeria Parrella, Thomas Piketty con Annamaria Testa e Loredana Lipperini. Appuntamento, come sempre, su https://www.salonelibro.it e sui suoi canali Facebook e YouTube.

  • #recensione

#Milanesiana20: Luca Parmitano racconta i colori visti dallo spazio.

Elisa Rubertelli 17 giugno 2020

Il secondo appuntamento della #Milanesiana20 ha avuto un protagonista d’eccezione: l’astronauta e Colonnello dell’Aeronautica Militare Luca Parmitano, primo italiano al comando della Stazione Spaziale Internazionale, in forza alla European Space Agency (ESA). Ad introdurre, Elisabetta Sgarbi, mentre il dialogo seguito alla lezione è stato affidato alla scrittrice e giornalista del “Corriere della Sera”, Candida Morvillo.

“I colori della Terra visti dal spazio”: una lectio illustrata dalle foto scattate  da Parmitano durante la sua ultima missione, da cui è rientrato il 6 febbraio 2020, dopo 201 giorni nello spazio.

“Il colore” dice Parmitano ad Elisabetta Sgarbi ” è qualcosa che pervade la nostra esperienza di visione della Terra dalla ISS. Proprio per la caratteristica unica del nero spaziale, esso acquista una iper-realtà difficile da descrivere: si percepisce tutta l’inadeguatezza delle nostre categorie di percezione. I colori del pianeta ci dimostrano continuamente quanto la nostra esperienza cromatica sia, in realtà, un limite. Il mio intervento vuole essere un viaggio cromatico che ho chiamato “Terre di colori”. Vi mostrerò una sorta di palette, una tavolozza di un artista immaginario .” 

Si inizia dal bianco, fra natura e attività umane. Un’immagine dell’uragano Dorian richiama ai temi del cambiamento climatico: “Guardando dentro l’occhio di un ciclone, la fantasia di bianco e la perfezione delle forme quasi nascondono il pensiero che i fenomeni distruttivi, la cui intensità continua ad aumentare, sono legati all’uomo. Il riscaldamento globale è una realtà e la nostra responsabilità nel creare una convivenza con l’ambiente è fortissima: bisogna averne consapevolezza, perché siamo già in ritardo”.

L’uragano Dorian, fotografato da Luca Parmitano (immagine tratta dallo streaming diffuso da “La Milanesiana”)

Nello scorrere di questo itinerario che lascia senza fiato è evidente quanto la bellezza permei la Terra: “Le nostre parole non riescono a rendere la capacità creativa della natura”. Iniziamo, poi, una lenta transizione verso il blu; una foto mostra il confine fra l’atmosfera terrestre e il vuoto dello spazio profondo: “Questa immagine comunica un senso di fragilità nel vedere quanto sottile sia la membrana atmosferica, l’unica nostra difesa a proteggere la vita sul pianeta.”. 

La linea azzurra che delimita l’atmosfera terrestre dallo spazio (Immagine tratta dallo streaming video diffuso da “La Milanesiana”)

Una ricca successione cromatica scandisce anche lo scorrere delle fasi della giornata: “Visti dalla ISS , i colori abituali dell’alternanza giorno-notte hanno la tendenza a fondersi, come in un pentolone di un alchimista in cui gli elementi naturali si trasformano in oro, prodotto dal riflesso del sole basso sull’orizzonte”. Affascinante la descrizione di un tramonto sullo stretto di Gibilterra: “Il Mediterraneo diventa un essere vivente animato dalla luce: l’interazione fra acqua e terra ci mostra come tutto il pianeta sia sempre in movimento, dentro un flusso continuo. La sua perfezione si esprime proprio in questo perpetuo divenire.”

Emozione pura davanti ad un’immagine notturna che ritrae il nostro Paese, visto da Sud-Est, con la Sicilia (terra natìa di Parmitano) in primo piano: “Lo spettacolo offerto di notte dall’Italia, con la sua silhouette così unica e riconoscibile, riempie il cuore al pensiero di quanta storia, vita ed umanità la abitano e possono essere offerti a tutto il resto del mondo.”

Una visione notturna dell’Italia (Immagine tratta dallo streaming diffuso da “La Milanesiana”)

Un’altra sezione sorprendente di questo spettacolare cammino fotografico è quella denominata “La pelle della Terra”: “Una serie di scatti che, per la loro natura, mi hanno ricordato un essere vivente. Le forme si fondono una nell’altra, come in opere di Escher. Le strutture vengono trasformate, cambiate, scolpite nei secoli dall’interazione fra i vari elementi: acqua, vento, ghiacciai, pioggia. Spesso, le trame delle varie superfici si avvolgono fra loro, adattandosi a ciò che la natura richiede. Non c’è scultore più grande del tempo”. 

Parmitano illustra una delle sue istantanee che paiono un tessuto epiteliale (Immagine tratta dallo streaming video diffuso da “La Milanesiana”)

Le immagini continuano a scorrere e l’astronauta italiano le descrive con poesia: strutture fisiche come opali incastonati sulla superficie del terreno; una visione ravvicinata delle onde evoca squame di una creatura marina; il tracciato dei fiumi è un tatuaggio, una decorazione di natura geometrica; nell’interazione “vivente” fra acqua e sabbia, le correnti creano ricami di seta liquida.

Non poteva mancare un capitolo dedicato all’azzurro con le sfumature delle Maldive: “Gli atolli sono a rischio a causa dell’innalzamento delle acque causato dal riscaldamento globale: la loro è una bellezza assoluta, da proteggere.”

Parmitano conclude: “Mostrandovi le immagini che raccogliamo, cerchiamo di portavi con noi. Spero che la nostra esperienza vi possa fornire una scintilla di curiosità sulla sorgente infinita di meraviglia che è la Terra e, quindi, possiate vederla con un occhio diverso.”

Candida Morvillo interroga il Colonello sulla stretta attualità chiedendo, se dopo SpaceX, il turismo spaziale possa diventare una realtà. “Io lo auguro a tutti, ma credo che siamo ancora lontani da un mercato aperto alle masse; il volo spaziale è esponenzialmente complesso, ma vale la pena sognare.” 

Luca Parmitano risponde a Candida Morvillo (immagine tratta dallo streaming video diffuso da “La Milanesiana”)

Nel nome della missione di Parmitano “Beyond”, come fa giustamente notare la giornalista, è insito il concetto del superamento del limite: “Astro Luca” pensa di poter ambire ad arrivare sulla Luna? “Ricerco costantemente proprio l’oltre che non a caso è il nome della mia missione. La Luna è un obiettivo possibile per le nostre Agenzie nella prossima decade: spero di avere le caratteristiche che mi possano ancora permettere di contribuire all’esplorazione spaziale come candidato possibile.”

La Morvillo domanda del mal di spazio, la malinconia tipica degli astronauti. Parmitano: “E’ come se l’esperienza spaziale svanisse non appena si rientra, è talmente fuori dalla nostra portata da diventare come la memoria di un sogno altrui. Ecco perché avvertiamo il desiderio, il bisogno, la necessità di tornare, quasi per rendere di nuovo vera quella realtà.” 

La concezione della vita del Colonnello siciliano merita attenzione: “Trovo assurdo contare l’esistenza in anni, penso sia più corretto viverla e misurarla in base a ciò che si è vissuto. Lo spazio è un’esperienza talmente intensa da cambiare per sempre la propria percezione: c’è qualcosa di più grande dell’individuo, una comunità umana ed animale che vive su un pianeta che è a sua volta un essere vivente.”

In conclusione, Candida Morvillo chiede a Luca Parmitano cosa veda, dentro sè, ricordando la sua straordinaria esperienza spaziale. “Quando chiudo gli occhi, io immagino la perfezione. Così come posso perdermi nell’osservare i colori della Terra dallo spazio, posso farlo anche dentro gli occhi delle mie figlie che, con la loro profondità altrettanto inesorabile e una temporalità che non mi appartiene , mi ricordano quella perfezione.”

  • #articolo

Finalisti #PremioStrega2020: a sorpresa, una sestina.

Elisa Rubertelli 9 giugno 2020

Il 2020 continua ad essere un anno intenzionato a lasciare un segno indelebile: stavolta, per l’editoria, in senso positivo. Saranno, infatti, 6 i libri a contendersi questa edizione del Premio Strega, la cui finalissima si terrà giovedì 2 luglio nell’abituale e suggestiva cornice romana del Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia e verrà trasmessa su Rai 3.

Prima di scoprire l’inedita sestina, nel pomeriggio è stato assegnato anche il Premio Strega Giovani, la cui giuria è composta da più di 500 ragazzi fra i 16 e i 18 anni d’età. A proclamare il vincitore, il Presidente della Camera dei Deputati, Roberto Fico. Si aggiudica la settima edizione del concorso: Daniele Mencarelli, con il suo “Tutto richiede salvezza”, Mondadori, ambientato in una clinica psichiatrica. Toccanti le parole dell’Autore, alla consegna della targa: “Questo momento è per tutti coloro che oggi vivono un TSO sulla propria pelle, glielo dedico con tutto me stesso.”

Daniele Mencarelli, vincitore della settima edizione del Premio Strega Giovani. (foto: area stampa Premio Strega)

Poco prima delle 20 si giunge al momento clou. Il conteggio degli ultimi voti, quelli decisivi. Ed ecco la sorpresa! Dato che i primi cinque libri più votati sono tutti pubblicati da un grande editore, si applica, per la prima volta, la regola a tutela della piccola e media editoria e così accede anche il primo volume in classifica non pubblicato da un grande gruppo editoriale.

La sestina del LXXIV Premio Strega:

Sandro Veronesi, “Il Colibrì”, La Nave di Teseo (210 voti); seguono a pari merito (199 preferenze), Gianrico Carofiglio con “La misura del tempo”, Einaudi e Valeria Parrella “Almarina”, Einaudi; poi, “Ragazzo italiano” di Gian Arturo Ferrari, Feltrinelli, (181 voti); quinto Daniele Mencarelli “Tutto chiede salvezza”, Mondadori (168 preferenze). Beneficia della regola a tutela della piccola e media editoria, Jonathan Bazzi con “Febbre”, Fandango (137 voti).

Il meccanismo di voto: fra persone e voti collettivi gli aventi diritto erano su 660, di cui si sono espressi 592 voti, esclusivamente online. Chi votava? 400 preferenze per gli Amici della domenica; 200 espresse da studiosi, traduttori, intellettuali (italiani e stranieri), poi 40 voti destinati a lettori forti selezionati da librerie indipendenti di tutta Italia. Infine, 20 voti collettivi da scuole, università e gruppi di lettura.

Infine, qualche stralcio delle interviste dei finalisti rilasciate alla sempre ottima Loredana Lipperini (Radio 3 Rai), che ha condotto l’appuntamento, svoltosi alla Camera di Commercio di Roma nel rispetto delle distanze fisiche e trasmesso via streaming anche da Rai Cultura.

Sandro Veronesi: “Già prima di iniziare a scrivere “ll colibrì”, sapevo che nella vita del mio protagonista ci sarebbero stati momenti dolorosi in una quantità maggiore del normale. Mi sono reso conto che seguire il racconto cronologico della sua esistenza, avrebbe reso insopportabile quell’intensità di dolore al lettore. Decidendo di liberarmi dal tempo lineare nella narrazione, ho permesso a chi legge di resistere, proprio come il mio protagonista. In più, questa struttura mi ha dato una libertà inedita: mi mettevo a scrivere un capitolo alla volta, come mi andava .” “Ho voluto che il protagonista avesse esattamente la mia età, così si è relazionato agli avvenimenti storici con la medesima percezione della mia generazione che, in realtà, non è che abbia combinato quel granché! Sono, però, fiducioso in quella nuova che abbiamo messo al mondo: sistemerà le cose e in fretta”.

Gianrico Carofiglio: “In “La misura del tempo” c’è una riflessione sul senso del fallimento, sul suo valore positivo. Noi tutti siamo paralizzati dall’errore, invece, nei fallimenti minori c’è un antidoto a quelli catastrofici. Nell’insegnamento scolastico, oggi c’è il principio che esistano una risposta giusta e una sbagliata; sbagliare, invece, è un modo forse più efficace per imparare qualcosa”.

Daniele Mencarelli: “In “Tutto chiede salvezza”, la clinica psichiatrica è un luogo che tende a disumanizzare, perché la differenza fra chi dovrebbe essere curato e chi deve curare, viene meno. Sta a noi riportare umanità in questi contesti. Il mio ventenne protagonista troverà l’aiuto vero, non tanto in chi gli si approccerà in termini istituzionali, ma da altri cinque pazienti psichiatrici, suoi compagni di stanza. Saranno loro a metterlo in contatto, per la prima volta, con la sua vera natura.” “Io provengo dalla poesia, la scommessa di questa mia nuova carriera di narratore sta nel ritornare in alcuni luoghi della mia gioventù e trovarvi non solo la mia storia, ma anche elementi universali che appartengono a quella di tutti.”

Gian Arturo Ferrari “Ne “Ragazzo Italiano”, c’è uno spunto autobiografico che fa da filtro al racconto alla storia del Paese nel periodo compreso fra la fine del fascismo e della guerra e l’Italia del benessere. Anche se nell’epoca che racconto l’Italia era totalmente distrutta e povera, ci sono delle analogie fra quel tempo e il presente, spero soprattutto nello spirito che sarebbe utile adesso. Nel romanzo, ho cercato di descriverlo ed esaltarlo.”

Jonathan Bazzi: “La contemporaneità che la lingua sta assumendo, è una mia “fissa” da sempre. In “Febbre”, ho cercato di essere il più possibile preciso e fedele alle mie esperienze e attraverso l’amore per le sue strutture fondamentali; avendone attraversate alcune non abituali, ho sentito l’esigenza di articolarle, descrivendo come sia attraversare quei territori.“

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“Il preside” Di Marco Lodoli

Elisa Rubertelli 9 giugno 2020

Un uomo di sessantacinque anni, preside di un istituto scolastico della periferia romana, si rinchiude nella sua scuola, armato di fucile e con due ostaggi. Fuori, l’assedio del commissario responsabile del caso, delle forze dell’ordine, di studenti, televisioni e semplici curiosi. Dentro, nei pensieri del protagonista, scorre la sua intera vita, professionale e privata, sino alla drammatica decisione di compiere quel gesto estremo.

Il libro è una corda tesa fra la naturale spinta verso il puro idealismo, che ha da sempre animato il protagonista, e la frustrazione dell’impatto con la realtà, muro respingente per le sue ambizioni di cambiamento. La prosa è intensa, fittissima e dipinge il suo cammino, fatto di slanci e puntuali cadute che lo condannano ad un’insanabile amarezza interiore. Per questo, la cifra del racconto risiede nel sentimento del disincanto. Una mannaia che si abbatte nella sua vita di uomo, con un amore tanto pieno di fulgore quanto di buio e che investe anche il suo ruolo di preside, mai compreso in una visione della scuola che mette al primo posto non la performance, ma la formazione di mente e anima dei ragazzi. Una battaglia destinata a scontrarsi con la visione dei suoi colleghi insegnanti, protesi a seguire le indicazioni dei programmi, animati dall’esclusivo convincimento che la scuola serva solo a determinare il ruolo che ogni studente svolgerà nella società.

Lodoli tratteggia con cura la figura di un uomo romantico e tragico, per cui l’idealismo è parte fondante ed irrinunciabile di sè e della sua azione nel mondo. La scrittura è degna di nota, colma di una poesia dolente e di una carica emotiva che straborda dalla pagina, investendo il lettore. Del libro restano anche le descrizioni: rese con poche limpide pennellate, compongono immagini originali, destinate a restare impresse come visioni. L’Autore, poi, tesse la propria tela narrativa con maestria, bilanciando la tensione del piano presente della trama, quella dell’assedio alla scuola, con la rievocazione del passato e giocando nel mischiare, fatti, visioni e suggestioni.

Un testo che ci chiama a guardare attraverso altre lenti il senso più profondo del nostro vivere, abbandonando schemi sterilmente standardizzanti, a favore di un viaggio unico e personale: quello nella sostanza umana che ci permea, diversa in ognuno.

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#Milanesiana20: i colori e la resistenza.

Elisa Rubertelli 4 giugno 2020

Elisabetta Sgarbi ha presentato il programma della 21esima edizione della storica rassegna culturale che ha ideato e di cui è direttore artistico. Quest’anno, la parola chiave e fil rouge di tutti gli eventi è: i colori. Proprio per questo, il simbolo per eccellenza de “La Milanesiana”, la rosa rossa disegnata da Franco Battiato, è stata rielaborata in una versione multicolor da Franco Achilli. Dal 10 giugno al 16 agosto, oltre 40 appuntamenti con 115 ospiti, 5 mostre, 12 città coinvolte fra Lombardia (Milano, Bormio, Monza, Pavia, Casalpusterlengo) Veneto (Villafranca di Verona), Emilia Romagna (Gatteo a Mare, Santarcangelo di Romagna, Forlimpopoli, Cervia) Marche (Ascoli Piceno) e Campania (Napoli).

Nell’era del COVID-19, però, la vera anima de la #Milanesiana20 (questo l’hashtag social) risiede nella ferma resistenza alle difficoltà per portarla alla luce, nonostante tutto. “Senza alcun dubbio – continua Elisabetta Sgarbi– è stata l’edizione più difficile da concepire, ho pensato più di una volta di doverla sospendere. Chi vive a Milano e in Lombardia, ha visto immagini che non potrà dimenticare, ha perso amici; questa città, così dinamica e viva, è stata stravolta.” Ecco la reazione che ha permesso alla rassegna di andare in scena: ” Non mi sono voluta arrendere: nei giorni peggiori della crisi, la mia ferma resistenza allo sgomento più assoluto è stata, più che organizzare, immaginare questa Milanesiana, questo ci ha condotti fin qui. Volevo riportare Milano e la Lombardia al loro ruolo di diffusori di cultura in tutta Italia, nella tradizione della nostra rassegna che unisce le arti, facendole dialogare. #Milanesiana20 è il mio omaggio ad una città che mi ha dato tanto: è giusto che ora si rialzi in piedi, riprendendo la propria normalità eccezionale”. La cultura, dunque, come forma di resistenza, resilienza e perseveranza a traino e sostegno della società.

Elisabetta Sgarbi, in un’istantanea tratta dallo streaming diffuso dai canali social de “La Milanesiana”

Un’altra convinzione ha animato la Sgarbi, quella della (anche qui) resistenza al dominio assoluto dello streaming come unico canale fruitivo: “Non mi convinceva l’idea che la cultura non passasse attraverso l’emozione fisica e fosse vissuta esclusivamente nell’immaterialità: doveva esserci anche una Milanesiana in presenza degli Autori e del pubblico.” Parte del programma, da luglio, sarà organizzato in modo tradizionale, ovviamente nel rispetto di tutte le norme di sicurezza, con distanziamento fisico e DPI. Tutti gli eventi saranno comunque visibili sul canale ufficiale YouTube della manifestazione, alcuni appuntamenti di giugno anche su Corriere.it.

Torniamo al fil rouge generale della 21esima edizione, scelto con Claudio Magris: “Tutti colori, anche quello che non c’è”, è stato il tema proposto prima dell’emergenza sanitaria”, spiega la Sgarbi. “I colori e la luce rappresentano la vita, nella manifestazione delle sue infinite e diverse sfumature.” Due le sigle ufficiali, entrambe composte per l’occasione dal gruppo romagnolo degli Extraliscio, trio che proietta la tradizione del liscio in nuovi territori espressivi. Il pezzo strumentale “Il ballo della rosa”, accompagnerà ogni appuntamento della rassegna, mentre quella cantata “Milanesiana di riviera e la nave arriverà”, verrà suonata nelle serate in Emilia Romagna.

#Milanesiana20 offre, come da tradizione, appuntamenti di qualità fra letteratura, arte, musica, cinema, scienza, filosofia, teatro e diritto. Sfogliando il fittissimo programma, non può che saltare all’occhio la serata del 15 luglio, dal forte valore simbolico, a Casalpusterlengo. Elisabetta Sgarbi: “Saremo nella provincia di Lodi dove, nella nostra percezione, ha avuto inizio questo terribile incubo, ma ci andremo solo per raccontare la bellezza e le meraviglie artistiche del suo territorio, con una lectio di Vittorio Sgarbi su Lodi, Casalpusterlengo e Codogno.”

Villa Biancardi, realizzata dall’architetto Gino Coppedè. una tappa simbolica. (immagine stratta dallo streaming diffuso dai canali social ufficiali de “La Milanesiana”)

Tantissimi gli eventi di pregio, ne ricordiamo alcuni. Giugno, esclusivamente via streaming: 10, Thomas Piketty con Ferruccio De Bortoli, introdotti da Luciano Fontana, direttore de “ll Corriere della Sera”; 15 e 16, lectio di Samantha Cristoforetti e Luca Parmitano. Luglio, incontri fisici : 1, Massimo Lopez e Tullio Solenghi, Milano; 3 ricordo di Gianni Rodari con una lettura-spettacolo di Elio, Milano; 4, Sandro Veronesi, Edoardo Nesi, Claudia Durastanti, Laura Morante, Pavia; 6, Amos Gitai e proiezione del suo “Rabin, the last day”, Milano; 9, Arrigo Sacchi e Carlo Mazzone, Ascoli Piceno; 13, spettacolo di Antonio Rezza e Flavia Mastrella, Villafranca di Verona; 16, lectio di Massimo Cacciari, Pavia, 19, spettacolo teatrale- musicale di Francesco Bianconi, Milano; 23, Enrico Ruggeri, Milano; 25, proiezione del documentario dedicato a Fabrizio De Andrè di Walter Veltroni, presenti il regista e Dori Ghezzi, Milano; 27 anteprima mondiale dello spettacolo “Questo virus che rende folli” di Bernard-Henri Lévi, introdotto da Nicola Lagioia, direttore del Salone del Libro di Torino e da Maurizio Molinari, direttore di “Repubblica”, Milano; 26, Maurizio De Giovanni, Milano, 27, Claudio Martelli, Marcello Sorgi, Milano; 29, lettura de “La tregua” di Primo Levi, in collaborazione con il Memoriale della Shoah, Milano, 30, inaugurazione della mostra fotografica “Nuvole e colori” di Carlo Verdone, presente l’Autore, Museo Madre, Napoli. Agosto, incontri fisici: 4, Santarcangelo di Romagna, ricordo di Federico Guerra e Tonino Guerra, 6, festa di conclusione con Piero Chiambretti e Paolo Fresu, Cervia.

Questo il sito ufficiale per tutti i riferimenti: http://www.lamilanesiana.eu

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“Summer” di Monica Sabolo

Elisa Rubertelli 29 maggio 2020

Monica Sabolo confeziona un thriller psicologico che ha come suo fulcro la scomparsa di una bellissima ragazza diciannovenne, Summer Wassner, figlia di una influente famiglia svizzera, avvenuta durante un picnic sul Lago Lemano.

La voce narrante appartiene a Benjamin, il fratello minore, ancora bambino all’epoca del fatto e presente, insieme alle amiche della ragazza, sulla scena della sparizione. Venticinque anni dopo, l’improvviso avvento di violenti attacchi di panico lo costringe a fare i conti con quella parte rimossa di passato e i suoi fantasmi. In Ben si scatena un flusso incontenibile di immagini, spesso oniriche: così, senza preciso ordine cronologico, ma condotto dalla sua personale e dolorosissima ricostruzione emotiva, via via dipana i fili della memoria, preso da un’urgenza assoluta. Un vitale bisogno di verità che travolgerà ogni sua certezza presente e passata.

La scrittura è estremamente sensoriale, dominata dai rimandi all’acqua, ambiente centrale che permea ogni dimensione del racconto, reale e fantastica: la casa al lago della famiglia, il luogo della scomparsa di Summer e, soprattutto, i sogni in cui Benjamin la rivede ogni notte. Il vissuto della voce narrante coincide con l‘esperienza della sensazione, dell’evocazione: questo è il vero veicolo che conduce il lettore a comprendere la vicenda, più dei fatti in sè. Le atmosfere fanno, insomma, molto più dell’azione in questo libro. Un vero viaggio negli abissi, pieno di fascino e inquietudine nei tableaux vivants delle profondità lacustri, crudele in quelli della coscienza umana.

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La presenza della natura è continua e ricalca l’esperienza di vita di Ben, rimandando ad un senso di oppressione che per lui è una costante, vedendosi da sempre estraneo non solo al mondo, ma alla sua stessa famiglia da cui non si sente amato, perché distantissimo dalla loro perfezione inscalfibile e brama di successo. Il protagonista, inoltre, spesso percepirà una sorta di ambiguità in certi comportamenti degli amici dei genitori, un’opacità morale nelle loro ambizioni e nel modo di perseguirle. Eppure, proprio con chi ha gravitato più attorno a Summer, Ben negli anni costruirà i suoi scampoli di vita migliore. Ma chi sono veramente le persone: il loro riflesso vibrante nelle acque del lago le incornicia o ne rivela un doppio allucinato, reclamato dalle sue profondità?

La Sabolo costruisce un intreccio in cui conduce un gioco sapiente fra colpa e innocenza che si sfiorano, meticciano e confondono, donandone le redini ad un protagonista perfetto. Sono, infatti, proprio il suo dolore, disagio e fragilità a farsi progressivamente unico strumento possibile per riuscire a portare a galla il motivo, rimasto fino ad allora innominabile, della scomparsa di Summer.

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#SalToExtra chiude in bellezza, Lagioia: “La comunità del Salone si è allargata”.

Elisa Rubertelli 18 maggio 2020

La sera del 17 maggio 2020 è andato in scena l’ultimo atto di SalToExtra, un vero e proprio evento che è riuscito a superare, per qualità di messa in scena, i due giorni precedenti della manifestazione. La formula della serata ne è parsa un’evoluzione particolarmente riuscita per dinamismo: c’era uno studio, un ambiente di ampio respiro e una varietà di inquadrature che ha permesso di uscire dalla fissità dello streaming. Un mix vincente di ospiti presenti fisicamente, panel preregistrati (pochi) e collegamenti in diretta condotti con vivacità da Nicola Lagioia.

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Il direttore Nicola Lagioia che ha condotto la serata finale (immagine tratta dal live streaming diffuso dal Salone)

Ne è risultato uno spettacolo vivo e vibrante che, senza dubbio alcuno, sarebbe stato adatto alla messa in onda in tv. Le 5 ore e mezza, infatti, sono corse prive di peso, in un alternarsi di dibattiti e interventi musicali perfettamente bilanciato. Mai un momento di pesantezza, retorico o scontato, ma un flusso vivace, stimolante, in grado di valorizzare i punti di vista e il diverso modo di rapportarsi dei relatori a questo inedito presente.

Qualche nome: Padre Enzo Bianchi, Alessandro Baricco, Roberto Saviano, Massimo Gramellini, Carlo Rovelli, Zerocalcare, Paolo Giordano, Fabrizio Gifuni, Jasmine Trinca. Ospiti musicali dal vivo, e fisicamente presenti durante la performance: lo Spiritual Trio di Fabrizio Bosso, Levante, i Perturbazione, Francesco Bianconi (l’unico con un contributo registrato da casa), infine il gruppo degli Eugenio in Via Di Gioia. Da sottolineare anche un poeticissimo mini spettacolo di Arturo Brachetti che ha disegnato con la sabbia il Piccolo Principe di Antoine de Saint-Exupèry.

SalToEXTRA Brachetti

Arturo Brachetti mentre disegna con la sabbia (immagine tratta dal live streaming diffuso dal Salone)

L’equilibrio fra individuale e collettivo: ecco il filo vincente su cui si è mosso tutto SalToEXTRA, confermato anche dalla serata di chiusura. Esattamente il modo perfetto, non solo per discutere, ma per rispecchiare la realtà dell’impatto totale della pandemia sulla vita di ognuno e di tutti. Spirituale e materiale si intrecciano nella visione di un futuro che, nel suo indubbio cambiamento rispetto al finora conosciuto, ci interroga profondamente. SalToEXTRA è stata una condivisione del vissuto, a recuperare una dimensione necessaria mancata nella lunga quarantena e, ancor di più, un laboratorio di idee, di confronto fertile, propositivo. Mai come ora la cultura può giocare un ruolo ispiratore, di faro del mondo, con la sua indipendenza e capacità di unire e tenere insieme saperi e competenze anche molto diversi fra loro, facendosene sintesi.

manifesto_SalToEXTRA

Il manifesto ufficiale di SalToEXTRA, realizzato da Mara Cerri.

I numeri, diffusi oggi, confermano il successo di SalToEXTRA: quasi 5 milioni di utenti attivi, più di un milione e duecentomila visualizzazioni, fra Facebook e YouTube. Alle stelle anche le interazioni social: più di 63.700 su Facebook, 1,2 milioni di visualizzazioni dei contenuti su Twitter, circa 52.500 persone raggiunte su Instagram. Fra i  momenti più seguiti, proprio la serata finale. Questo il bilancio realizzativo: 30 ore di diretta streaming, 140 ospiti e più di 60 incontri.

Nelle parole del direttore Lagioia, la consapevolezza delle potenzialità di SalToEXTRA: “Ci troviamo fra le mani il prototipo di un modello nuovo e di successo, che non si sostituisce, ma si aggiunge a quello classico. ” C’è soddisfazione anche per la partecipazione delle librerie, delle scuole, degli Istituti di cultura italiana nel mondo. “La comunità del Salone si è allargata– continua Lagioia– aver trovato così tanto consenso, ci obbliga a misurarci su un orizzonte ancora più vasto.” Un esempio cristallino di come non arrendersi e reagire possa premiare, anche di là delle aspettative e creare nuove realtà di qualità accessibili a tutti. A questo proposito, ricordo che tutti gli incontri di SalToEXTRA resteranno gratuitamente disponibili sul sito https://www.salonelibro.it/ita/ e sui suoi canali social. Insomma: il Salone conferma, anche con questa formula, la sua vocazione: essere generatore di conversazione, di pensiero libero, un costruttore di bellezza. Un dibattito virtuoso, lontano anni luce dalle urla imperanti sulla scena pubblica, che migliora la vita di tutti e la qualità della democrazia del Paese.

 

 

 

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  • SalToExtra

#SalToEXTRA: un debutto decisamente da promuovere.

Elisa Rubertelli 16 maggio 2020

Venerdì 14 maggio 2020: il primo giorno di SalToExtra occupato interamente, per 12 ore sino alle 21.30, da un flusso non stop di eventi esclusivamente raggiungibili per mezzo della Rete. Com’è andata? Splendidamente! Il programma è stato ampio, vario, a coprire la fascia dei più giovani lettori al mattino, con più di 5000 studenti e 100 scuole collegate tramite il sito del Salone e i suoi profili social. Fil rouge della giornata, la collaborazione con Radio3 Rai fattasi contenitore, con tutte le sue trasmissioni, della maggior parte degli incontri con gli Autori del (è proprio il caso di dire) palinsesto odierno. Una collaborazione naturale, un filo diretto fra lo streaming video e i programmi radiofonici live che ha fatto scivolare le ore scandendole, dando loro ritmo.

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La collaborazione con Radio3 Rai, qui durante la puntata di Fahrenheit (immagine tratta dallo streaming diffuso dal Salone)

Dallo streaming video, in diretta, il direttore Nicola Lagioia ha tenuto, con fresca spontaneità e rodata sapienza, le redini della maratona, introducendo i panel principali,  interagendo con gli ospiti e ripercorrendo le sezioni storiche del Salone come “Adotta uno scrittore”  e “Festa Mobile” con i rispettivi curatori. Gli imprevisti tecnici di connessione sono stati quasi nulli e la struttura a blocchi, formata da alcuni contributi registrati, alternati ai panel in diretta, si è attenuta ai tempi della tabella di marcia annunciata senza ritardi. Nessuna attesa, ma una catena dinamica di contenuti, tutti di qualità.

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Il direttore Nicola Lagioia mentre introduce un panel della mattinata (immagine tratta dallo streaming video diffuso dal Salone)

Ma come ha vissuto il visitatore virtuale il debutto della nuova formula? Posso dire con piacere e non solo per la bontà degli argomenti, ma per la natura dell’organizzazione complessiva che ottimizza al massimo il tempo. Al Lingotto, per forza di cose, a causa della grandezza dei padiglioni e degli spostamenti fra le varie sale, non è concretamente possibile un uso così produttivo della giornata. Online, invece, tutto scorre in un fiume potenzialmente illimitato, senza barriere. Un altro aspetto da tenere presente è come questa formula permetta la fruizione di un gran numero di contenuti anche a chi ha limiti fisici di resistenza per via delle attese in piedi fuori dalle sale e delle distanze (posso garantire che si coprono chilometri ogni giorno) di cammino a ping-pong fra i padiglioni. Poi, la platea di pubblico è più permeabile: si possono raggiungere, cioè, anche persone non abitualmente frequentatrici dell’evento, grazie all’assenza del costo del biglietto e alla presenza più pregnante sui social. SalTOEXTRA è, insomma, un Salone del Libro che si fa attivamente ponte teso verso l’audience, un evento che va a trovare le persone in casa, ricambiando le visite ricevute al Lingotto. Una specie di “butta dentro” culturale, ma senza invadenza, in cui la garanzia di qualità del suo marchio decennale si fa attrattiva, accogliendo con l’abbraccio della passione e della competenza sia l’habitué che il “debuttante”.

Certo, quando tornerà praticabile, l’esperienza fisica resta qualcosa di irrinunciabile. Un rito collettivo, infatti,  non può esimersi dal passare attraverso i corpi, investendoli, eleggendoli a proprio mezzo di espressione. La comunità dei lettori ha bisogno di guardarsi, riconoscersi, confrontarsi, magari dividendo l’attesa per una conferenza o la coda per un panino. Incontri che poi restano, perché poco al mondo alimenta uno scambio umano a più livelli come parlare di letteratura raffrontando esperienze, gusti, chiavi interpretative. E poi: volete mettere passeggiare fra gli stand occhieggiando tanti di quei libri da non sapere quanti e quali portarsi a casa? E le facce riconosciute dagli anni precedenti con cui scambiarsi un sorriso, le chiacchiere con i piccoli editori, gli sguardi, le scoperte, i sudati firmacopie con volumi da conservare e accarezzare come trofei… suggestioni multiformi del lettore appassionato in cui lo spirito del raduno fra simili è la casa comune.

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La torre di libri al Lingotto Fiere, uno dei simboli del Salone (foto scattata da me durante l’edizione 2018)

Concludendo, viva SalToExtra e viva il Salone classico: li vogliamo tutti e due, ebbene sì! Possono compenetrarsi in uno scambio in cui l’energia si moltiplica, proprio come le possibilità del loro potenziale coesistere. Un futuro augurabile per SalToExtra potrebbe essere farsi prolungamento dell’edizione fisica. Una sorta di scia fra le varie edizioni della kermesse che si fa riferimento costante, con appuntamenti a scadenza regolare, per continuare l’attività e il dialogo della comunità del Salone. Un non luogo della Rete dove essere, paradossalmente ma splendidamente, sempre più vicini senza separazioni lunghe un anno.

 

 

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  • SalToExtra

SalToEXTRA, apre Alessandro Barbero: nella Storia le chiavi per ripartire.

Elisa Rubertelli 14 maggio 2020

Giovedì 14 maggio 2020 ore 19: debutto assoluto di #SalToEXTRA, l’edizione straordinaria del Salone del Libro ai tempi del COVID-19 che vive di una formula innovativa. E allora, al posto dei corridoi dei padiglioni del Lingotto, i lettori e appassionati di cultura si ritrovano percorrendo altri crocevia, quelli invisibili della connessione alla Rete, in cui l’approdo certo resta il dibattito di qualità in compagnia dei grandi nomi del panorama editoriale italiano e internazionale.

L’apertura è affidata ad una lectio di Alessandro Barbero, storico medievista, apprezzato ed amatissimo per la sua attività di divulgatore, anche televisivo. Siamo all’interno all’interno della Mole Antonelliana, nella sala principale del Museo Nazionale del Cinema, ovviamente vuoto. Il nastro inaugurale è metaforicamente tagliato dalle parole del direttore del Salone del Libro, Nicola Lagioia che ha fortemente voluto e poi organizzato questa 4 giorni. “Dedichiamo SalToEXTRA alle vittime del Coronavirus, ai loro parenti, ai medici, agli infermieri e al futuro di tutti noi.” Poi, introduce Barbero: “Tutto il gruppo di lavoro ama particolarmente il prof Barbero per la chiarezza e la profondità dei suoi interventi e dei suoi libri, siamo rigogliosi abbia accettato il nostro invito ad aprire questa edizione. Inizia il Salone Internazionale sul libro di Torino, il nostro viaggio comincia da qui”.

Il direttore Nicola Lagioia dichiara aperto SalToExtra (immagine tratta dallo streaming diffuso dal Salone del Libro)

La parola passa a Barbero che parte dal profetico (suo malgrado), titolo del Salone 2020 “Altre forme di vita”, per aprire il suo intervento sulle conseguenze inattese dei maggiori eventi storici. Ma non è sempre solo il dopo a spiazzare : “Anche alla vigilia di un grande avvenimento è difficile immaginarsi cosa stia per succedere. Infatti, ancora a febbraio mi sembrava possibile parlare con dei ventenni affermando che, a parte l’11 settembre 2001, non ci fossero più stati epocali avvenimenti storici che avessero coinvolto l’Occidente.”  Ed ecco l’imprevedibilità della Storia che, con la pandemia, torna a smentire quelle che parevano certezze, scombinando e sconvolgendo le priorità mondiali, prepotente e inevitabile.

Ma come esce l’umanità dalle crisi, reagendo alle catastrofi e alle sue inattese conseguenze? Per la risposta, Barbero chiama in nostro aiuto proprio la Storia, ossia “l’immenso catalogo della azioni umane davanti a qualunque problema e sfida”. Da qui, il professore si muove fra pandemie verificatesi in diverse epoche, dalla peste antonina del secondo secolo dopo Cristo, alla grande peste del 1348 raccontata dal Boccaccio e trova, nella reazione, un elemento comune. Quale? Un cambiamento di mentalità figlio della consapevolezza della caducità, un’evoluzione del pensiero collettivo verso nuove opzioni fino ad allora non contemplate e che si rivelano autentici progressi da non abbandonare. La sperimentazione come risorsa e reazione. L’intercettare, nelle pieghe di una crisi, gli spiragli di opportunità inedite nate proprio dall’imprevedibile. Attenzione, però, perché: “I cambiamenti culturali, non sono garantiti né automatici. Bisogna volerli, anche passando attraverso una visione politica di lungo respiro e innovativa, capace di programmare nuovi modi di vivere e un nuovo patto sociale. Non sono passaggi scontati.”

La Storia, per fortuna, insegna anche la straordinaria capacità di reazione messa in campo dall’umanità, sempre in grado di ricostruire dalla catastrofi, inventando nuove strade. Barbero conclude la lectio portando a conforto nostro e a conferma di questo dono di salvifica metamorfosi, la visione che Gaetano Salvemini, grande intellettuale antifascista in esilio dal 1925, , ebbe dell’Italia al suo rientro nel secondo dopoguerra. Si trovò di fronte a un “meraviglioso formicaio umano”, una febbrile, eppure armoniosa, operosità collettiva che lo portò a profetizzare: “Questo Paese si riprenderà con una rapidità che ha nessuno avrebbe mai sospettato.” Ebbe ragione.  Questo, l’augurio di Barbero a cui si aggiunge la voce di tutta la comunità dei lettori del Salone del Libro, un coro che, anche se non risuona negli spazi del Lingotto, si leva forte e chiaro come non mai.

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