Premio Strega 2020: vince “Il Colibrì”. Sandro Veronesi serve il bis.

In un’atmosfera insolitamente calma ed ovattata nel rispetto delle norme del distanziamento fisico, Villa Giulia ha ospitato la finale del LXXIV Premio Strega. Niente chiacchiericcio della società letteraria di sottofondo questa volta, ma esclusivamente la bellezza colma di fascino e poesia del Museo Nazionale Etrusco a riempire la scena. Diverse anche le ambientazioni dei momenti chiave della serata: gli scrutinii dei voti, tornati sulla balconata del Ninfeo come accadde dal 1953 a ’63, e le interviste agli autori, sotto la Loggia dell’Ammannati. La serata è stata trasmessa in diretta su Rai 3 ed è stata condotta, piacevolmente, con misura, eleganza e preparazione da Giorgio Zanchini, storico anchorman di “Radio Anch’io” su Radio1 Rai e presentatore di “Quante Storie”, appuntamento quotidiano dedicato ai libri, sempre su Rai 3.

Come da tradizione, a presiedere il seggio di voto è stato il vincitore della precedente edizione del Premio Strega: quest’anno ha annunciato gli esiti degli scrutinii Antonio Scurati, che nel 2019 si impose con “M. Il figlio del secolo.” (Bompiani). Sin dalla prima tornata di voti, Veronesi con “Il colibrì” (La Nave di Teseo) prende il largo nelle preferenze, un divario che si intuisce subito incolmabile e, infatti, sarà confermato e dilatato con costanza negli spogli.

La classifica: 1°. “Il colibri” di Sandro Veronesi (La Nave di Teseo) 200 voti; 2° “La misura del tempo” di Gianrico Carofiglio (Einaudi) 132 preferenze; 3° “Almarina” (Einaudi) di Valeria Parrella 86 voti. Giù dal podio troviamo: 4° Gian Arturo Ferrari con “Ragazzo italiano” (Feltrinelli) a quota 70; 5° Daniele Mencarelli e il suo “Tutto chiede salvezza” (Mondadori) con 67 preferenze; Jonathan Bazzi “Febbre” (Fandango Libri) con 50 voti.

Sandro Veronesi si riconferma dopo “Caos Calmo“, vincitore 14 anni fa (ripubblicato da poche settimane da “La Nave di Teseo“) e raggiunge Paolo Volponi che si impose nel 1965 con “La macchina mondiale” e nel 1991 con “La strada per Roma”.

Nella sua intervista, Veronesi sposta, a mio parere a ragione, l’attenzione dall’autore al libro: “Questo è un premio che va ai libri e “Il colibrì” è un libro fortunato che ho pensato di sottoporre al giudizio più qualificato esistente in Italia, lo Strega. Facciamo astrazione da me e da “Caos Calmo” e parliamo del romanzo.” Un libro che credo, seppur ovviamente scritto prima, segua il profilo di questo anno segnato dall’enorme quantità di morti dovuti alla pandemia e al lutto entrato prepotentemente nella vita di tantissime famiglie. “Una delle ragioni d’essere di questo romanzo era la messa in scena di una resistenza al lutto.” dice lo scrittore toscano. “Quando si subisce una perdita, non bisogna mollare, ma dare fondo a tutte le proprie passioni, riversando intorno a sè l’energia che era presente su quanto non c’è più.” Una vittoria arrivata in un anno estremo. “E’ una caratteristica degli italiani rendere con la pistola puntata alla tempia, in questo sono un italiano vero.”

Sandro Veronesi con la bottiglia di Strega consegnata al vincitore, come da tradizione. Foto area stampa Premio Strega (Autori: Musacchio – Ianniello – Pasqualini)

Il libro. Il colibrì è il soprannome del protagonista, Marco Carrera. Veronesi: “Il colibri è simbolo dei guerrieri, del loro tenere la posizione.” Il romanzo copre tutto l’arco della vita del protagonista, ma nella narrazione il tempo è destrutturato, non cronologico e lineare. Ancora l’Autore: “E’ una storia di piccoli eventi, alcuni tragici, tanto che potrebbero spazzare via una persona, invece Marco Carrera, da buon pastore di cose e di persone, tiene duro con tutta la forza che ha.” L’ultima riflessione è sulla natura del romanzo come mezzo espressivo: “Per due secoli e mezzo, insieme alla musica classica, è stato uno delle più alte espressioni della borghesia. Adesso può parere qualcosa di un po’ vintage dirlo, ma penso sia borghese l’atto del leggere e dello scrivere romanzi.”

Da sinistra: Jonathan Bazzi, Sandro Veronesi, Gian Arturo Ferrari, Valeria Parrella, Gianrico Carofiglio, Daniele Mencarelli. Foto, area stampa Premio Strega (Autori: Musacchio – Ianniello – Pasqualini)

La misura del tempo. (Einaudi) Non c’è stata, quindi, battaglia all’ultimo voto con Gianrico Carofiglio, ma credo che l’affermarsi de “La misura del tempo” in un contesto come lo Strega sia da sottolineare, visto che si tratta di un libro maggiormente connotato in un genere rispetto agli altri cinque contendenti e il cui protagonista, l’avvocato Guido Guerrieri, è un personaggio seriale. Un riconoscimento assolutamente meritato e anche sganciato dalla tradizione, che premia la capacità di scrittore di Carofiglio ed è un bel segnale di assonanza fra critica e pubblico. “Il romanzo è costruito su due piani temporali”, spiega l’Autore, “c’è una storia al presente, il dramma processuale, che ha un tempo apparentemente decifrabile, poi un’altra al passato che è un percorso di formazione, in cui l’unità temporale è molto più complicata e spezzata. In queste due diverse interpretazioni del tempo si cela una della chiavi di lettura del romanzo.” “Sono molto presenti aspetti di riflessione etica sul significato del concetto di verità e su quanto sia realmente raggiungibile attraverso una ricostruzione dei fatti del passato.” Continua Carofiglio: “Quando si sfiora il rapporto fra bene e male, su come si tratti di un confine tutto interno a noi stessi, il tema dei tempi delle azioni diventa più complesso e più interessante.”

Febbre (Fandango libri) A proposito di contemporaneità sana, una nota di merito va senza dubbio a Jonathan Bazzi, splendido nel suo look scintillante, in perfetta linea con l’urgenza comunicativa coraggiosa e potente che lo ha spinto a scrivere “Febbre”. “Volevo raccontare la sieropositività non coi termini che si utilizzano normalmente: desideravo parlare di questa scoperta rivendicando il mio punto di vista, al di fuori di un linguaggio e un immaginario sedimentati.”. Continua Jonathan: “Quando ho deciso di vivere questa condizione al fuori della tradizione pudore e della vergogna sono stato dissuaso anche da persone vicine, è stata una scommessa ma io sentivo che era giusto usare ciò che mi è successo per arrivare a fare ciò che mi piace: scrivere, approfondire, riflettere.

Anche in “Tutto chiede salvezza” (Mondadori), c’è un vissuto autobiografico emotivamente intensissimo. Daniele Mencarelli vincitore dello Strega Giovani:Vivere un’esperienza in ospedale psichiatrico da ragazzo è stato fondamentale per il mio sguardo: se sono tornato a raccontare le storie di quei compagni di viaggio, è perché sono state indimenticabili. Loro non fanno sconti né a se stessi, né alla vita perchè non costruiscono, come tutti invece fanno, anticorpi per proteggersi dalle intemperie dell’esistenza. Il libro, attraverso l’esperienza, tenta di perimetrare la natura umana fornendo la sponda del dialogo, attraverso il racconto della nascita di un’amicizia in quel contesto.”

“Almarina” (Einaudi) di Valeria Parrella è ambientato in una realtà difficile: un carcere minorile. “Dove c’è un minore colpevole, c’è un adulto colpevole.” Due donne, la professoressa Elisabetta e Almarina giovane detenuta. “Sono entrambe ferite dalla vita e all’inizio si guardano male. E’ difficile raccontare la resistenza che si ha verso l’altro, ma a me serviva per cercare uno scioglimento, quello che poi tra loro segnerà l’incontro vero.” Continua la Parella, che è stata volontaria in un Istituto di pena: “In Italia il carcere è un’esperienza devastante. Io credo molto nel volontariato, ma penso sia un corrersi incontro uno con l’altro che dimostra quanto un’Istituzione in sè sia inefficace”.

Arriviamo a Gian Arturo Ferrari e al suo “Ragazzo italiano”(Feltrinelli), un racconto parallelo fra parabola personale e collettiva del Paese del dopoguerra: “Le parole “boom” e “miracolo economico” sono state usate e abusate in riferimento alla storia d’Italia. Nel periodo che descrivo nel libro c’è stato qualcosa di diverso: una fatica cieca con una spinta in avanti irresistibile, irrefrenabile, incontenibile.” “Quando il protagonista arriva a Milano“, continua Ferrari,la trova ancora mezza distrutta. Non ha alcun talento, ma scoprirà che il suo mondo, la sua vocazione sono i libri che, come accaduto a me, diventeranno la sua vita.”

Concludo citando le parole di Melania G. Mazzucco, vincitrice nel 2003 con “Vita” e Presidente del comitato direttivo del Premio Strega, perché contengono tutto il significato profondo dei libri per tutti, ma ancora di più per chi ne fa ragione di vita. “Leggere è importante: abbiamo avuto ancora più bisogno dei libri durante questo periodo difficile. Resterà il desiderio di lettura, sia per chi ha faticato farlo in case affollate durante il lockdown, sia per chi lo ha trascorso solo e si è aggrappato ai libri per rimanere insieme agli altri.”

E allora cosa aspettate? Andate in libreria e leggete questa splendida sestina (e non solo!).

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