
Il 10 aprile 1991, proprio di fronte alla città di Livorno, avvenne la più grande tragedia della marineria italiana: il traghetto Moby Prince, diretto in Sardegna, entrò in collisione con la petroliera Agip Abruzzo, il carburante fuoriuscito da una cisterna danneggiata causo’ un incendio. Morirono in 140, tra passeggeri e membri dell’equipaggio; solo una persona, il mozzo del Moby Prince, si salvò.
Mentre scrivo, è il 10 aprile 2019: tra pochi minuti saranno trascorsi 28 anni da quella drammatica sera, una strage senza colpevoli e senza una ricostruzione storica e giudiziaria. I processi si sono sempre conclusi con un nulla di fatto. Solo la tenacia civilmente e umanamente eroica di alcuni familiari delle 140 vittime ha permesso di studiare e mettere insieme, con un’inchiesta privata, le troppe incongruenze della vicenda. “Se vogliamo trovare la verità, forse dobbiamo allontanarci dai tribunali”: una frase amarissima, nata da una sconfitta ingiusta e ingiustificabile, ma queste persone straordinarie non si arrendono nemmeno dopo 2 gradi di giudizio. Finalmente, dopo 25 anni dai fatti, verranno ascoltati e gli atti della loro indagine diventeranno la base su cui la Commissione Parlamentare d’inchiesta arriverà sempre più vicina ad una verità storica sulla vicenda, smontando una serie infinita (che fa venire i brividi) di menzogne, mancanze, omissioni e falsi.
Il libro è la sintesi di questo percorso lungo, difficilissimo, intricato e coraggioso: Sanna e Bardazza si infilano con assoluta completezza nei meandri bui di questa storia restituendole bagliore, realizzando un’operazione di giornalismo investigativo di rara chiarezza; la lettura avvince e, grazie alla loro bravura esplicativa, non trova ostacoli, nonostante l’estrema complessità del tema. Gli Autori procedono per gradi, punto dopo punto, tessendo l’intera rete dei tanti (mis)fatti collegati, arrivando a restituire i colori originali ad un quadro che volutamente si era voluto alterare nel suo racconto pubblico. Si tratta di un testo d’inchiesta magistrale per struttura, metodo, esposizione e ritmo narrativo.
L’impressionante quantità di depistaggi e falsi indignano profondamente e commuove mettersi nei panni di quei 140 passeggeri che aspettarono e mai ricevettero una vera e coordinata operazione di soccorso. Poteva esserci chiunque di noi (o qualche nostro caro) sul Moby Prince quella dannata sera, perciò la battaglia dei familiari deve appartenere alla collettività; l’hashatg con cui da anni si diffondono sui social i passi avanti in questa ricerca di verità e giustizia dice tutto: #iosono141. Si’, perché quando lo Stato non riesce a dare risposte, perdiamo tutti; allora leggere questo libro diventa un atto, prima ancora che di memoria e rispetto, di partecipazione alla richiesta d’una giustizia autentica, con la schiena dritta, che non abdichi più a comode versioni parziali contando sull’aiuto dell’oblio e del silenzio, ma sia garanzia vera.