
Un uomo, due vite: Ernesto, diviso fra un presente dalla doppia faccia e un passato da cui mai s’è affrancato e che ora torna a reclamare i conti in sospeso. Sin dalle primissime battute, emerge chiara la dimensione anossica delle vite di Ernesto e della moglie Agata, esistenze ingolfate da una spinta idealistica orfana di una realizzazione concreta e la cui energia andata a male ha condannato i protagonisti ad un’esistenza velenosa, di frustrazioni, rinfacciamenti reciproci e rabbia cronica. Dentello ha una scrittura raffinata nella forma, tagliente, perfettamente dosata in rapidi colpi d’accetta ad incorniciare atmosfere asfittiche ed oscure. Un libro denso, disturbante, una coniugazione del dolore in ogni sua accezione ma che niente ha di scontato: un viaggio a ritroso, sospeso fra dramma personale e collettivo, ricerca d’autoassoluzione e tormento. Una sorta di cupo bilancio privo di redenzione, una storia forte in toni e contenuti, senza filtri ipocriti e politically correct, condotta con la lucidità di uno stile sincero nella sua spietatezza che prende il lettore a (sane) coltellate.