Presentazione “Poteri forti (o quasi)” di Ferruccio de Bortoli

Si è svolta ieri pomeriggio, presso il teatro Parenti di Milano, l’attesa presentazione di “Poteri forti (o quasi)” di Ferruccio de Bortoli, in uscita per La nave di Teseo. Tantissimo pubblico per il libro che in questi giorni sta facendo parlare di sé per via di un episodio raccontato nelle sue pagine: una presunta richiesta di intervento ad Unicredit per il salvataggio di Banca Etruria da parte della ex ministro Maria Elena Boschi. Inevitabile, quindi, che l’incontro partisse da qui. “Sono convinto della bontà di ciò che ho scritto; sono sicuro delle mie fonti e abituato a difendere ciò che scrivo” dice de Bortoli “Non ho parlato di pressioni, bensì di interesse. Bisogna uscire da questa ipocrisia che circonda l’intervento diretto di un politico, o di un ministro, su questioni legate al proprio territorio: poi un conto è, appunto, interessarsi, altra cosa fare ingerenze”.

Concluso il tema bollente di stretta attualità, si passa alla vera e propria trattazione dei temi del volume che, proprio a causa della querelle delle ultime ore, rischiava di passare in secondo piano. Paolo Mieli riassume efficacemente: “Il libro è la storia di un giovane che vuole fare il giornalista e che ci prova senza alcun aiuto, raccontando anche gli inevitabili errori di percorso ed inesperienza. E’ un testo bello da leggere e rileggere: scritto bene, misurato, asciutto, i cui aggettivi sono sapientemente pesati. Il suo valore risiede nella profonda significatività delle tante piccole storie di cui parla, non certo in quello “scappellotto” alla Boschi; racconta il viaggio esistenziale di un ragazzo che arriverà a sedere a fianco dei suoi miti: Montanelli, Biagi, Fallaci (splendido il capitolo a lei dedicato) e lo farà sempre con la schiena dritta”.

La discussone poi si sposta sul suo terreno naturale: il giornalismo, a partire dai suoi epocali cambiamenti: “Siamo fortunati a vivere questa rivoluzione, paragonabile solo all’avvento della stampa: assistiamo ad un allargamento gigantesco della piazza virtuale dell’informazione, dove gli utenti/lettori sono diventati essi stessi giornalisti, in quanto produttori e generatori di contenuti. Abbiamo, sì, innumerevoli sudditi della Rete ma fin troppo pochi cittadini dell’informazione: c’è bisogno di giornalisti dal punto di vista originale”. De Bortoli passa in rassegna anche le grandi questioni che attraversano il giornalismo: “C’è da dire che siamo troppo una corporazione e questo non è affatto positivo. Avremmo poi anche il serio dovere, verso le persone ingiustamente coinvolte in un processo, di restituir loro dignità morale.” Da tener sempre presente come preziosa lezione queste parole: “Nel nostro tempo c’è troppo conformismo e prevale giornalismo eccessivamente distruttivo. Un giornalista dovrebbe sempre restare un cronista senza preconcetti, immedesimandosi nella sofferenza dell’altro.”

De Bortoli stesso ci consegna le coordinate di interpretazione del suo “Poteri forti (o quasi)”: “La chiave del libro sta tutta in quel “quasi” del titolo: dovremmo chiederci se esistono ancora poteri forti nel nostro Paese, intesi come poteri positivi, con senso responsabile verso la collettività, che hanno senso delle regole e difendono gli interessi nazionali o siano stati tutti indeboliti”. Da segnalare la duplice dedica del libro, coerente e conseguente alla nobile visione del giornalismo di de Bortoli: Walter Tobagi e Maria Grazia Cutuli.de bortoli 2

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