Mariele Pirovano è una donna con un pesante passato di patologia mentale che l’ha costretta per molto tempo, dopo un processo, al ricovero in una Rems (acronimo per residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza). Dopo tredici anni dai fatti, in vista del suo reinserimento in società, le vengono assegnati un appartamento in un zona semicentrale a Milano e una nuova identità: si chiamerà Mara Paladini.
Mara vi vive come un’eremita: lavora da remoto, esce solo di notte per la spesa al negozio aperto 24h su 24, convinta di non essere altrimenti in grado di tenere a bada la parte di sé che distrusse la sua vita e quella della famiglia che si era creata. In casa si muove a stento fra centinaia di scatoloni , contenenti i ricordi dell’esistenza precedente alla Rems, che arrivano sino al soffitto: è la sua Torre. Un progetto concepito nei dettagli come modo per espiare le proprie colpe dando loro un’ulteriore consistenza materiale, ma anche un monito la cui presenza la isola dal mondo, sia confinandola che proteggendola.

Un giorno, però, sarà costretta a lasciare la sua tana: avverrà quando un vicino di casa verrà ucciso con modalità identiche al reato da lei compiuto in passato, con l’evidente scopo di attribuirle quel delitto.
Da qui prende le mosse un thriller dal ritmo frenetico, serrato, che tiene il lettore incollato alla pagina. L’azione è continua, in un intreccio la cui caratteristica principale sono proprio dinamicità e brillantezza. L’autrice dimostra grande abilità nella costruzione della trama, dosando via via sempre più elementi, tenendo sempre alto il livello di curiosità, tensione, possibilità aperte.
La forza del libro, oltre che nella velocità, risiede nel suo doppio binario: la componente psicologica si intreccia agli eventi tipici del thriller, rivestendo la medesima importanza nell’economia del romanzo. Il pensiero di Mara, analitico, veloce, reattivo è una cifra importante della protagonista che rimanda anche alle sue sofferenze, è il tentativo di convertire la sua stessa sostanza in un uso virtuoso rispetto al passato, ma dentro la costante consapevolezza dell’impossibile liberazione dalla parte oscura di sè.
Altro tratto dell’opera da sottolineare è quello della solidarietà femminile: Mara potrà infatti contare sull’aiuto delle compagne conosciute in Rems. Di ognuna di loro verrà raccontata la storia, con tratti brevi ma molto incisivi, Barbato mostra le diverse genesi del male nelle loro vite.
Sono donne rotte, che hanno affrontato l’abisso più vertiginoso, ma la cui femminilità non viene mai meno e in cui il dolore più nero ha costruito indissolubili ponti di sorellanza.

L’autrice non lascia niente al caso: letteralmente tutto, e non si tratta di cosa semplice perché la vicenda tessuta è complessa, viene affrontato e chiarito sino alla fine del libro.
Unico appunto: certe pieghe un po’ sopra le righe, quasi inverosimili ma, trattandosi di personaggi fuori dall’ordinario, sempre alle prese con qualcosa di spropositato, ciò essere coerente con l’ambiente e le situazioni in cui questa loro condizione li fa muovere.
Se cercate un thriller senza respiro che parli con onesta e profondità di ferite profonde dell’animo femminile e della natura umana, allora “La Torre d’avorio” è un appuntamento da non mancare.
Scheda: “La Torre d’avorio” di Paola Barbato, Neri Pozza, ottobre 2024, pagine 416, euro 20