Quattro astronauti e due cosmonauti, uomini e donne di diverse nazionalità culture e la loro missione sulla Stazione Spaziale Internazionale: questo lo scheletro essenziale della trama di Orbital.
Romanzo originale, minimalista nei fatti e imperniato sui contrasti: fra l’io e il noi, l’astratto e il concreto, l’attrazione per l’universo e la nostalgia della Terra.
E poi il rapporto di senso chiave del libro: l’infinitamente grande dello spazio paragonato alle dimensioni dell’individuo. Esse risultano ovviamente infime sulla scala dimensioni-tempo, ma al contrario accostabili a livello di potenziale estensione, guardando alla profondità dell’animo umano.
Orbital è prima di tutto un’ode alla Terra che ne è la grande protagonista: filtrata attraverso lo sguardo degli astronauti, ricordata, bramata e soprattutto descritta unendo la geografia al lirismo, affiancando la conformazione fisica ad un’altra e diversa geografia, quella delle emozioni e dei sentimenti dell’equipaggio in un parallelismo costante fra materia e interiorità.
Samantha Harvey scrive della Terra come di una madre che rappresenta il tutto di ognuno, che stupisce e commuove per bellezza e biodiversità. L’autrice non elude gli sfregi causati dall’uomo e gli impatti del cambiamento climatico. In questo modo, il romanzo veicola anche un messaggio di tutela della Terra dall’avidità umana che la consuma e trasfigura. Un pensiero che passa tra le pagine con la forza dei fatti, scevri da idealismo.

Altra caratteristica del libro è quella di tradire i cliché creati dal contesto in cui è ambientato: in Orbital non vediamo molto il lato più consueto degli astronauti fatto di controllo, freddezza e perfezione fisica ed esecutiva. Piuttosto vengono esplorate le innumerevoli gradazioni dell’individualità, in cui spiccano suggestioni, debolezze, fragilità, crepe irrisolte nelle storie personali. Un distillato di quella parte di sostanza umana e vissuto che tutti accomuna e che rappresenta un ponte non solo fra i membri dell’equipaggio provenienti da diversi continenti (un altro modo dell’autrice di incarnare la Terra nel libro), ma fra i popoli interi che abitano quel pianeta solcato in 16 orbite al giorno dalla SSI.
La scrittura è piana, sobria, essenziale, persino fredda, tranne che per molte descrizioni che compongono nella mente del lettore immagini di splendore che restano vivide e si fanno anche rileggere rinnovandone la meraviglia.
La struttura complessiva potrebbe risultare ripetitiva, ma è di un gioco di specchi voluto che rende in forma di scrittura il ciclo delle orbite e delle incombenze dell’equipaggio. Si tratta di un’aderenza letteraria all’ambiente del racconto, considerabile come resa coerente e fedele.
Obital è una lettura caleidoscopica, intensa nonostante sia composta più da immagini e sensazioni che da fatti, in cui il tempo è scomposto, frammentato a immagine di quello vissuto sulla SSI in cui albe e tramonti si susseguono vorticosamente, un racconto in grado di armonizzare singolo e gruppo, individualismo e solidarietà, Terra ed umano.
Scheda: “Orbital” di Samantha Harvey, NNE, febbraio 2025, pagine: 176, euro 18
Vincitore del Booker Prize 2024