Tre sorelle adolescenti, figlie di immigrati indiani nel Regno Unito, hanno da poco perso la madre e si ritrovano a fare i conti con una vita stravolta. A Gopi, undici anni e voce narrante del romanzo, Kush, tredici, e Mona, quindici, resta solo il padre. In più a Edimburgo, lontani qualche ora di auto, lo zio paterno Pavan e la rigida, tradizionalista e invadente moglie, zia Ranjan.
Il padre farà dello sport, dello squash, l’elemento non solo fondativo, ma assoluto dell’esistenza della figlie da lì in poi. “Vorrei che vi appassionaste a qualcosa che potrete fare per tutta la vita”, le sue parole. Questa sua filosofia (che, a ben vedere, è qualcosa a cui tenterà lui stesso di aggrapparsi), sarà perseguita attraverso allenamenti quotidiani di ore e ore e, a casa, con ripetute e studiate visioni dei match di un grande giocatore pakistano del passato, Jahangir Khan.

Il cuore del libro è composto da molti elementi tipici del romanzo di formazione. Gli equilibri dei rapporti fra le tre sorelle oscillano fra momenti di grande tenerezza e altri di scontro in cui è la maggiore, Mona, a farsi carico di responsabilità e cura della famiglia, vestendo “panni” di una taglia troppo grande. Fra le tre sorelle, differente e personale è il modo di vivere ed elaborare il dolore della perdita e spesso va letto fra le righe di dialoghi e accadimenti. Altro tema: il corpo che si trasforma diventando adulto, gli imbarazzi e le sua graduale ma inarrestabile crescita di potenzialità, evidente, soprattutto a Gopi, nei progressi nello squash. E ancora: i primi turbamenti amorosi, la vita sociale, fra scuola, squash e comunità indiana. Il confronto fra diverse culture di provenienza, nonché le differenze di interpretazioni della propria con il conflitto fra apertura e meticciamento di usanze e sprezzante spirito conservatore.
Dentro tutto ciò, le tre ragazzine si muoveranno, remando contro un’inerzia avversa, unite come un grumo oltre i diversi approcci, rendendosi conto di come, sebbene il padre sia ancora in vita e le abbia indirizzate allo squash, la loro sostanzialmente sia una condizione da orfane, all’atto della vita pratica ed emotiva. Ma agiranno anche scoprendo la potenza della determinazione e della consapevolezza di sè, Gopi in primis proprio grazie allo sport.
La scrittura è fluida, così ritagliata sulle caratteristiche dell’io narrante da trasferire al lettore l’impotenza che spesso è cifra degli eventi. Uno stile mirato e riuscito all’assorbimento totale del lettore e all’identificazione, ma ottenuto senza esasperazione alcuna, bensì attraverso la semplice forza di quanto messo in scena.
Un esordio potente, in grado di tenere insieme, in equilibrio e compenetrazione, più componenti, nonché capace di dare davvero vita alle emozioni che, leggendo, si sentono addosso, tanto è vero che si spera, ci si commuove e indigna.
Scheda: “T” di Chetna Maroo, Adephi, aprile 2024, pagine 148, euro 18